IL TELEFORO

DA UNA LETTERA DI ARRIGO racconta:

<< Ieri alle 13, partimmo in pattuglia, il Ten Periz Comandante della Comapagnia, il Ten.Sibille,

comandante la Sezione Mitraglia, io e quattro soldati. Camminammo come dannati lungo un terreno

dei più dufficili, dei più impervi. Entrammo per una buona mezz'ora in territorio nemico e giungem-

mo a circa cento metri dalle loro trincee. Si sentivano le vedette parlar fra loro sottovoce, sentivi il

chiacchierio delle trincee...

Lasciammo allora i soldati alle nostre spalle e noi ufficiali ci portammo più sotto ancora; non erano

più di cinquanta metri.

A quella distanza, senza alcuno strumento a nostra disposizione, smontammo un teleforo e ne

asportammo il carrello. Non ti dico quanto per questa operazione richiesi ai miei muscoli! Quanto,

tutti tre, richiedemmo a noi stessi per non fare il minimo rumore! Era uno scherzo pericolosissimo.

Ma pensai a quanto sarebbe stato utile sulla nostra posizione un teleforo! Lo si chiedeva da tanto

tempo: non ce l'hanno mai dato e noi siamo andati a prendercelo dove nessuno avrebbe creduto

possibile prenderlo.

Sacramento, come pesava! Credevo mi schiacciasse. A un certo punto, fatti pochi metri, mi si muove

un sasso sotto i piedi ed io vado a terra sotto il carrello. La mitraglia comincia frugare nella nostra

direzione senza esito.

Stiamo fermi, immobili a terra. Poi piano piano , via uno alla volta. Io rimango col carrello. Come

fare? Mi chino fin sotto l'arco fatto a U e, con uno sforzo, riesco a risollevarlo e lentissimamente

proseguo. Sono state dodici ore di cammino terribile che ho fatte, poiché tanto durò la pattuglia.

Non sento più le spalle. Mi pare di aver le clavicole rotte. Vado a riposarmi. Mi dimenticavo di dirti

che nell'ultima mezz'ora prima di rientrare, gli austriaci devono essersi accorti del brutto tiro che

gli abbiamo giocato. Incominciarono lungo tutta la linea un tal fuoco rabbioso, si fecero aiutare

persino dai cannoni di montagna, ma inutilmente>>.

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