Dal libro dei RICORDI della sua MAMMA
"I figli sappiano e ricordino che il loro padre, oltre ad essere stato buono, leale, intelligente, e pieno di spirito, è stato un uomo di grande coraggio e valore, la sua immagine dev'essere sempre nei vostri cuori e nelle vostre menti, affinchè vi serva da esempio e di sprone in tutte le circostanze non sempre favorevoli della vita, instillando in voi il concetto di lealtà, bontà e coraggio."
Barnaba a venti anni si arruolò in marina, dove rimase per due anni e mezzo. Rientrato a casa si impiegò all'Italcementi lavorando assieme al padre Adolfo, ma vi rimase solamente un annoperché scoppiò la seconda Guerra Mondiale e fu subito richiamato iniziando così la sua lunghis-sima e rischiosissima odissea.Barnaba viene prima imbarcato su un posamine con il quale fece servizio lungo le coste con ilrischioso compito di collocare i pericolosi ordigni. Poi passò sulla nave ausiliaria " ARBOREA",con la quale trasportava da Brindisi a Valona, in Abania, fusti di benzina per alimentare le nostretruppe colà dislocate. I questa occasione, la nave fu attaccata e colpita, amici suoi morirono.Dovettero abbandonare la nave ormai perduta! Erano male equipaggiati. Mancavano anche gli elmetti protettivi mentre, la Milizia di Mussolini, sfilava a Roma con elmetti in testa ed equipag-giamento completo. Loro mancavano anche di salvagente.Passò poi sull' Incrociatore " BARI " con il quale partecipò a numerose missioni e fu sempre inprima linea su tutti i settori del mare.Fu poi scelto tra altri volontari, per un corso di sommozzatore che si svolse all'Accademia Navaledi Livorno.Più tardi, il comandante della scuola, Valerio Borghese, lo richiese come Istruttore per i M.A.S.,il Comandante Todaro ebbe la meglio e lo prese con sé.Con todaro andò Biserta ma non si sa esattamente con quale scopo, dato che le loro missioni eranosempre coperte da segreto militare. E' proprio a Biserta che durante un bombardamento Todarotrovò la morte. Tutti i loro mezzi (barchini d'assalto, siluri pilotati "maiali" ) andarono distruttie i superstiti tornarono in Italia in aereo.Andò anche nel Mar Nero dove fu incaricato di collaudare i famosi " barchini (M.A.S.) " che più tardi avrebbero dato tanti pensieri alle flotte nemiche ancorate nei porti.
Tornato dal Mar Nero, lo mandarono ad Augusta - estremità sud della Sicilia - da dove partivano per le loro azioni i mezzi d'assalto di cui faceva ormai parte. Come mezzo d'appoggio avevano ilfamoso sommergibile " SCIRE " affondato durante una di queste azioni combinate, di fronte al porto di Alessandria d'Egitto. S'inabissò con tutto l'equipaggio.Alla guida di questi mezzi veloci d'assalto, fu anche a Malta, partecipando ad uno dei tentativi diforzare gli sbarramenti di LA VALLETTA.
Per Barnaba la guerra è stata un continuo susseguirsi di azioni, di spostamenti, di lunghi silenzi !Verso la fine della guerra, forse per un doveroso avvicendamento, fu mandato con una nave aBosa Marina, in Sardegna, dove poco dopo sbarcarono gli Americani.Fare il prigioniero non era nella sua natura, continuò questa guerra a fianco degli anglo-americaniarruolandosi nel Battaglione S.Marco che era poi la fanteria della Marina, e precisamente nella Divisione Folgore che si coprì di gloria nei combattimenti che si svolsero lungo tutta la penisola.I combattimenti, da Montacassino in avanti furono asprissimi, Barnaba continuò così fino al termine della guerra.
Ricordo di Vincenzo Pisanu tratto dalla rivista
La Famiglia Barnaba di Buja Ringrazia Vincenzo per la preziosa Testimonianza
BOSA MARINA alt.mt.6 s.l.m. ,così sulla prima di casa di una serie a schiera ,costruite nel ‘700 sulla sabbia stratificata intorno alla Chiesa della devozione dei marinai. Il resto è rubato alla natura, all’estuario del fiume, le case alte degli antichi spedizionieri, casa, bottega, scagno, la dogana, il delegato di spiaggia, tutto sulla piazza, la banchina, gli ormeggi, l’isola della torre aragonese guadagnata alla terra ferma dalla trachite rossa del muraglione. Come ci arriva un bambino di sei anni per le sue vacanze di guerra, non si sa. Ieri, più di oggi, i bambini erano pacchi, in treno la stessa tariffa del bagaglio appresso, non venivano interpellati su quando e dove e le decisioni dei grandi restavano fuori dalla testa. Di automobili non c’era traccia, in genere requisite oppure sui cavalletti dei garages e senza gomme, anche queste requisite Quindi, quasi di sicuro, in treno che negli ultimi 2 km correva e corre ai bordi del mare, aperto a tutto il resto del mediterraneo. La memoria è fatta dalla luce, il granito abbagliante della piazza, una striscia di mare bleu oltre la foce disegnata dal pastello della trachite verde. E la guerra? La mattina, al mare di una spiaggia senza i casotti variopinti e coperta dai cavalli di frisia del filo spinato sino al bagnasciuga. Con un percorso attraverso lo sbarramento, di solidità fascista contro gli sbarchi, tenuti per mano si arrivava in acqua. I giochi erano di pomeriggio in zona operazioni, di guerra. Da quella piazza, in bici a tre ruote per imparare, la banchina e al centro del fiume le linee eleganti di 15-20 scafi coperti da un telone grigio. Erano armi, i mezzi d’assalto, i barchini esplosivi con 300 kg. di tritolo a bordo, da puntare sulle navi nemiche, loro a fondo e il marinaio catapultato fuori, in salvo. Questo con i miei amici l’avevo capito subito e non l’avrei mai dimenticato. La guerra era bella, faceva sognare. Senza i teloni mimetici, i barchini nudi e grigio azzurri come le navi da guerra, erano bellissimi, misteriosamente potenti e pericolosissimi. Quando uscivano in mare, dal muraglione si andavano a vedere i baffi e la scia bianca della loro velocità, si sfioravano lasciandoci con il fiato sospeso di un possibile speronamento e esplosione. La piazzetta, la banchina sul fiume, il palcoscenico della curiosità di un bambino di sei anni animato dai marinai dei mezzi d’assalto. Erano nella divisa caki di servizio, uomini in prima linea, da tempo avevano dimenticato le eleganze in bianco e bleu della franchigia. Erano sorridenti, parlavano con i bambini, uno con il viso largo, Robert Mitchum oppure Dean Martin dei giovani Leoni, mi aveva fatto sparare il mitra. Di questo marinaio sapevo anche il nome, ora non lo ricordo più. Barnaba Barnaba, invece non l’avrei dimenticato più per tutta la vita. Biondo, alto, nella sua divisa di sotto-capo di mare, mi aveva preso in simpatia, ero affascinato dal suo sorriso, nei giochi, a casa, al mare, tutto era Barnaba Barnaba. Se dieci, venti, quarant’anni dopo l’avessi incontrato per strada l’avrei riconosciuto subito. E lo riconobbi subito nella foto di un sito internet curato con amore da un suo pronipote. La divisa bleu d’ordinanza, in bianco nero, ma per me ritornava la quadricromia del granito bianco della piazza, le divise kaki dei marinai, il grigio azzurro degli M.T.M. motoscafi turismo modificati, i barchini esplosivi, armi terribili, eufemismo turistico dei tempi di guerra. E, quindi Barnaba Barnaba era diventato tutto, come pochi anni dopo sarebbe diventato Salgari, Il Re del Mare, Sandokan e tutte le versioni dei corsari & figlie. Dal sito avrei scoperto la stirpe nobile di Buja, una delle famiglie più nobili del Friuli, e Barnaba Barnaba nei gesti e, poi, nella sua storia si vedeva che era un uomo con l’animo nobile e coraggioso della sua stirpe. In Sardegna l’armistizio dell’8 settembre segnò la fine della guerra. Via i 25mila alleati tedeschi attraverso la Corsica e con qualche spargimento di sangue; avanti gli alleati, americani, australiani, neozelandesi. I marinai della X MAS di stanza a Bosa Marina non andarono al nord. A dire la verità nel marasma generale furono dimenticati marinai e barchini esplosivi sino ai primi di ottobre. La loro guerra sarebbe continuata in altri mari, a fianco degli alleati per altri due anni sino alla Liberazione dell’Italia.
Questa la storia.
Io avevo già salutato Barnaba alla fine d’agosto perché le vacanze di guerra continuavano e sempre con l’etichetta di sfollati. Dove? A Modolo, 5 km da Bosa, un fondo valle di vigne e ulivi, 100 abitanti. Adesso un grande paese, 200 abitanti, contadini di una terra mite ma litigiosi senza il sangue della violenza di un’altra Sardegna. Oggi, comunque, sostengo che a metterli tutti insieme su un DC9 non ne arriverebbe uno senza graffi e lividi.
A Modolo, dunque, libero di girare per i dintorni sino ad arrivare alla casa di campagna di altri parenti e raccontare. Loquace, aggiornavo i parenti sulle cose di casa nostra con dettagli: preparazione di paste di crema, una zia un po’ strana aveva bagnato il letto e così via. Povera zia, a quei tempi la stranezza e una paresi al braccio bastavano per rientrare nella categoria della deficiente di famiglia. Così, dopo un paio di giorni una cugina-sorella di mia madre, che poi sarebbe diventata anche zia monetizzata di riferimento, con voce dolce vieni Vincenzo, bel bambino, guarda nel fondo di questa cassa che ci sono le Nazionali da regalare a Barnaba Barnaba. Figurarsi, il mio idolo, il regalo delle sigarette, e ficco la testa dentro questa cassa di legno nero e sentire subito dopo il coperchio che si chiudeva sul mio collo. La testa nella cassa perché avevo parlato e perché non andassi più in giro, spia di guerra, in questo caso, perché fare paste di crema voleva dire zucchero e zucchero non c’era da nessuna parte ma a casa nostra si. E, poi la zia matta, ma la pipì a letto era un segreto domestico. Minuti e minuti e testa chiusa dentro la cassa, la minaccia ripetuta per ogni prossima volta, con l’inganno del mio idolo Barnaba Barnaba, processo, pena e nessun appello di telefono azzurro di tempi più recenti.